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Ritorno al Sacro Monte accanto a san Giovanni Paolo II
In occasione del trentesimo anniversario della visita di san Giovanni Paolo II al Sacro Monte di Varese è stata inaugurata una singolare mostra, allestita lungo il viale delle Cappelle, dal primo Arco alla piazzetta del Santuario, che resterà esposta al pubblico fino al 6 gennaio: trentuno grandi installazioni, distribuite lungo la salita, richiamano alla memoria dei varesini e non solo “il significato di una presenza eccezionale in un luogo unico e, insieme, la contemporaneità del cammino del popolo di Dio nell'esperienza della Chiesa che attraversa il tempo».
Le installazioni, alte tre metri, riproducono le immagini fotografiche in bianco e nero scattate dal fotografo varesino Carlo Meazza che documentano con rara efficacia il gesto del Pellegrinaggio di Giovanni Paolo II, scandito dalla recita del Rosario tra due ali di folla. La selezione delle immagini ha privilegiato, accanto all'ascesa del Pontefice, la presenza dei fedeli varesini, così da offrire a chi sale lungo il percorso, una sorta di «specchio temporale» in cui riconoscersi, riconoscere e riscoprire il significato dell'esperienza vissuta allora e riproposta oggi.
Di straordinaria attualità sono le citazioni del discorso che Karol Wojtyla pronunciò dalla Balconata del Mosè e che può essere riletto lungo il percorso. L'iniziativa è promossa dalla Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte di Varese e dalla parrocchia di Santa Maria del Monte, in collaborazione con fondazioni, enti pubblici e soggetti privati, tra cui l’associazione Con Andrea che, come gesto di devozione, ha sostenuto l’allestimento alla decima Cappella, dedicata al Mistero della Crocifissione, con le parole di Giovanni Paolo II che sottolineano l’attesa del Paradiso come orizzonte della vita: “Maria è Regina e Maestra del genere umano e ci insegna la fiducia in Cristo e nella Chiesa, l’impegno nella carità, lo zelo apostolico, lo spirito di mortificazione, l'attesa del paradiso”.
(FOTO NELLA GALLERY)
Luca sulla vetta del Monte Rosa. Per toccare il cielo
Luca Barisonzi, il giovane alpino ferito in Afghanistan nel 2011, che molti tra noi hanno conosciuto all'ospedale Niguarda e al Teatro di Varese in occasione del musical "La Bella e la Bestia", ha compiuto l'ascensione alla Capanna Regina Margherita, il rifugio più alto d'Europa, con una speciale sedia a rotelle cingolata e con l'aiuto di guide e amici. Un'impresa e una testimonianza preziosa. Di cui, ancora una volta, siamo grati a Luca e che proponiamo attraverso l'articolo del giornalista Paolo Ferrario pubblicato dal quotidiano "Avvenire" martedì 19 luglio 2014.

L'alpino ferito in Afghanistan sulla vetta del Monte Rosa
A 4mila metri con l'handicap
Luca ce l'ha fatta


«Non mi sono mai sentito tanto vivo come in questo momento». Dimenticata la fatica e i quindici gradi sotto zero, in vetta al Monte Rosa Luca Barisonzi ha davvero «toccato il cielo», come recita lo slogan dell’impresa che ha portato a termine domenica mattina. Alpino dell’8° Reggimento rimasto paralizzato dopo un attentato terroristico in Afghanistan nel 2011, Luca, 24 anni, è da allora costretto su una carrozzina. Ha perso l’uso delle gambe ma non ha mai smesso di sognare, perché «niente è impossibile». Nemmeno salire ai 4.554 metri della Capanna Regina Margherita, il rifugio più alto d’Europa, a bordo di una speciale carrozzina elettrica cingolata, impresa mai tentata prima da un tetraplegico. Compagni di cordata di questa «grande esperienza» sono stati la moglie di Barisonzi Sarah, l’alpinista Luca Colli, che ha curato l’organizzazione della spedizione, due alpini e le Guide alpine di Alagna Valsesia con i volontari del Soccorso alpino locale. Tutti hanno contribuito affinché la salita si svolgesse in assoluta sicurezza.
Partito prima dell’alba dalla Capanna Gnifetti, il gruppo ha risalito il ghiacciaio spingendo e tirando la carrozzina cingolata di Luca, che in vetta ha trovato mamma Clelia e la sua infermiera personale, trasportate in cima con un mezzo dell’Elisoccorso.
Per lui e per la buona riuscita dell’impresa (inizialmente programmata per la fine di luglio e rimandata per le cattive condizioni metereologiche), hanno fatto il tifo le migliaia di persone che, in queste settimane, hanno seguito i preparativi della spedizione su Facebook. A cominciare dagli alpini che hanno “adottato” Luca fin dal giorno dopo l’attentato del 2011 e per lui hanno costruito una casa domotica interamente telecomandata a Gravellona Lomellina (Pavia). A loro e a tutti i militari caduti in missione di pace, è stata dedicata la salita al Monte Rosa, diventata anche l’occasione per lanciare una nuova iniziativa di solidarietà a favore dei disabili seguiti dall’Unità spinale dell’Ospedale Niguarda di Milano, dove l’alpino ferito è stato curato. La particolare carrozzina elettrica cingolata, realizzata in America da una società specializzata, sarà messa a disposizione della Cooperativa Spazio Vita del Niguarda, mentre con i fondi raccolti sarà costruito un nuovo Centro polifunzionale. In precedenza, Barisonzi si era già attivato per raccogliere i finanziamenti necessari all’acquisto di un Lokomat, un robot utilizzato nei centri di riabilitazione per far tornare a camminare le persone con gravi traumi spinali.
“Tenacia” e “solidarietà” sono le due parole chiave che guidano Luca dal giorno dell’attentato. Sentimenti che hanno contagiato tutti coloro che, in questi anni, gli sono stati vicini e che sono la spinta per nuove iniziative a favore dei disabili. «L’esperienza sul Monte Rosa – spiega Luca Colli, promotore della spedizione – ha fatto nascere l’idea di allestire un vero e proprio team, che sarà chiamato “Impossible”, per aiutare i disabili a coltivare i propri sogni d’avventura. Con la sua impresa, Luca ha dimostrato che davvero nulla è impossibile. Basta crederci».